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Risale a tre anni fa l’idea di percorrere il Cammino di Santiago de Compostela in bicicletta. Tutto è cominciato dai racconti dei podisti del DLF che avevano già vissuto quest’esperienza e visitando i siti internet che ne descrivono la storia e forniscono le informazioni sui vari percorsi.
Il cammino ha origine nel IX secolo, da quando si diffonde la notizia della scoperta della tomba dell’apostolo Giacomo. Questi, dopo aver evangelizzato la penisola iberica, fa ritorno in Palestina dove muore martire. Due suoi discepoli, dopo un avventuroso viaggio in barca, riportano il corpo del Santo in Galizia per seppellirlo sul monte Libradon. Passano i secoli, durante i quali la tomba è dimenticata. Finché, nell’anno 813, l’eremita Pelajo vede tutte le sere degli strani movimenti di stelle sulla sommità di un campo (da cui deriva il nome Compostela, campus stellae). Gli appare in sogno l’apostolo Giacomo che lo invita a scavare sul luogo dove aveva visto quei bagliori per riportare alla luce il suo sepolcro. Si grida al miracolo e si annuncia a tutti la scoperta della tomba di San Giacomo. Il re di Galizia, Alfonso III, dopo aver informato della scoperta il papa Leone III e Carlo Magno, fa costruire una prima chiesa sopra il sepolcro, intorno alla quale inizia a svilupparsi un piccolo borgo. Siamo agli albori di Santiago de Compostela. Le vicende descritte, tra storia e leggenda, fanno sì che ben presto il luogo divenga la terza città santa della cristianità dopo Gerusalemme e Roma. Iniziano così ad arrivare i primi pellegrini. Il viaggio è fatto e rifatto e forse proprio in questo sta il suo fascino. Nel medioevo i pellegrini, provenienti da ogni parte d’Europa, per raggiungere quei luoghi, affrontavano un viaggio pieno di pericoli. Non c’erano strade perciò era molto facile smarrire la via. Per sopravvivere dovevano difendersi dalle intemperie, dagli animali delle foreste, dalla fame, dalle malattie e dai briganti. Il viaggio durava mesi e talvolta anni. Molti morivano e venivano sepolti lungo il cammino, qualcuno anche nasceva.
Oggi il Cammino è sicuro e molto ben segnalato da frecce gialle, cartelli e pietre miliari su cui con incisa la concha, divenutane il simbolo. Perdersi è impossibile. Ogni anno migliaia e migliaia di pellegrini, provenienti da tutto il mondo, lo percorrono. Nei paesi attraversati, si trova tutto ciò di cui il pellegrino necessita, soprattutto la cortesia spagnola. Anche noi, ognuno con le proprie motivazioni personali (culturali, spirituali, sportive, religiose, turistiche o per curiosità) decidiamo di partire. Gli incontri per decidere il percorso, la data della partenza, la durata del viaggio e tutti gli altri dettagli iniziano a gennaio. Il ruolo di Graziano e Piero in questa fase è fondamentale per la buona riuscita del viaggio. Infatti, con meticolosità preparano il portabici e tutti gli accessori di bordo per il furgone che si riveleranno molto utili. Finalmente arriva la data della partenza. Nel tardo pomeriggio del 30 maggio partiamo da Udine. Siamo in nove con altrettante biciclette: Bruno, Carlo, Franco, Graziano, Luciano, Nevio, Piero, Roberto e Sonia. Dopo 18 ore e 1600 chilometri percorsi in furgone, arriviamo a Saint Jean Pied de Port, sul versante francese dei Pirenei, dove ha inizio il percorso francese.

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31.5.2008, da Saint Jean Pied de Port a Roncesvalles.
Il tempo è uggioso e la temperatura autunnale. Ci rechiamo presso l’Accueil des Pelerins per il primo sello (timbro) sulla credenziale (documento indispensabile per poter alloggiare negli albergue de peregrinos). Il desiderio di iniziare il Cammino è così grande che decidiamo di partire subito, nonostante il lungo viaggio in furgone appena terminato. E’ mezzogiorno. Usciti dalla cittadina saliamo per la via alta. La strada, molto stretta, s’inerpica tra i pascoli in mezzo a greggi di pecore, mucche e cavalli. Superiamo Untto ed Orisson. Dopo 12 chilometri di dura salita, che ci porta a 1200 metri d’altitudine, siamo avvolti da una fitta nebbia. Subito dopo si aprono le cateratte! Decidiamo di deviare sulla via bassa. La lunga discesa, su una stradina trasformata dalla pioggia in un torrente, ci porta ad Arneguy, in territorio spagnolo. Inzuppati ed infreddoliti facciamo una breve sosta per un the bollente. La strada sale di nuovo e, sotto una pioggia battente, dopo 5 ore di fatica arriviamo a Roncesvalles. La località, passata alla storia per le eroiche gesta di Rolando e Carlo Magno, è molto pittoresca e meriterebbe una visita più approfondita, ma la stanchezza è tanta perciò decidiamo di riposarci. Per la prima volta sperimentiamo la vita comunitaria: cena assieme agli altri pellegrini e camerate per la notte. Tutto molto bello!

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1 giugno, da Roncesvalles a Logroño.
La mattina presto iniziamo a pedalare sotto la pioggia. Il freddo è pungente anche perché la strada è tutta in discesa fino a Pamplona. Siamo in Navarra, patria di Miguel Indurain, ma in questa zona la lingua parlata dagli abitanti è il Vasco. Attraversiamo paesi dai nomi evocativi: Burguete, Zubiri, Larrasoaña. Facciamo un giro per Pamplona con visita alla cattedrale ed alla strada dei tori. Incontriamo una giovane coppia di ciclisti inglesi che ci chiedono informazioni sul percorso. Il tempo migliora perciò decidiamo di abbandonare la carretera e di percorrere il sentiero sterrato. All’inizio il fondo è buono, ma dopo alcuni chilometri il sentiero è un fiume di fango. Percorriamo alcuni tratti spingendo le nostre mountainbike su pendenze impossibili. Superiamo alcuni pellegrini camminanti. Ci salutiamo augurandoci vicendevolmente Buen camino. Il sentiero sale fino all’Alto del Perdon, noto per le statue in ferro dei pellegrini. Il panorama è di quelli che ti tolgono il respiro, nonostante la presenza di numerose centrali eoliche che ci accompagneranno fino all’Oceano Atlantico. Una lunga discesa ci porta a Puente la Rejna dove è in corso una fiesta paesana. Nelle stradine addobbate, suonatori e danzatori in costume tipico si esibiscono per il divertimento dei presenti. Sarebbe bello fermarsi, ma la meta della giornata è ancora lontana. Facciamo una sosta ad Estella con bevuta (gratis) alla Fuente del vino. Attraversiamo la regione della Rioja, caratterizzata da distese infinite di vigneti. Ora il percorso è un continuo saliscendi che, anche a causa del forte vento contrario, ci rallenta l’andatura. Arriviamo finalmente a Logroño in tarda serata. Pernottiamo nella Parroquia de Santiago del Real dove, con un’offerta libera, la mattina successiva c’è data anche un’abbondante colazione.

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2 giugno, da Logroño a San Juan de Ortega
Il tempo è ancora incerto. Dopo un’ora riprende a piovere. Ci chiediamo dove siano finite le torride estati spagnole. Breve sosta a Santo Domingo de la Calzada per una visita, con relativo sello, nella cattedrale famosa per il miracolo dei galli. Sul sagrato della chiesa, una scolaresca di ragazzini spagnoli ci chiede di posare con loro per una foto ricordo. La strada riprende a salire fino a quota 1130 metri dell’Alto de la Pedraja. Il paesaggio cambia completamente. E’ una vera pietraia con bassi cespugli sparsi. Scendiamo con l’intenzione di raggiungere Burgos. In lontananza però si vedono grosse nuvole cariche di pioggia che ci fanno cambiare idea. Decidiamo perciò di fermarci per il pernottamento a San Juan de Ortega. L’albergue è situato presso un antico monastero. Le camerate ben presto si riempiono di pellegrini di diverse nazionalità. Con alcuni di loro familiarizziamo molto presto. Visitiamo la bella chiesa romanica all’interno della quale c’è il capitello del miracolo della luce. Nei giorni degli equinozi un raggio di sole, attraversando una fessura della parete, illumina i corpi scolpiti dell’Annunciazione. Ceniamo assieme agli altri pellegrini in un’atmosfera molto allegra.

3 giugno, da San Juan de Ortega a Carrion de los Condes
Partiamo molto presto. La temperatura è rigida, ma finalmente il sole fa capolino tra le brume mattutine. Ci fermiamo a Burgos per la colazione che consumiamo in un bar di fronte alla splendida cattedrale gotica. La città meriterebbe una visita più lunga. Ci rendiamo conto che un viaggio del genere deve essere programmato con qualche giorno in più da dedicare alla visita delle bellezze paesaggistiche ed architettoniche che ci lasciamo alle spalle. Riprendiamo a pedalare sullo sterrato che ci porta sulla meseta, un immenso altopiano di 800 metri d’altitudine costantemente spazzato dal vento. I colori sgargianti di papaveri, ginestre e fiordalisi ci accompagnano per chilometri. Le spighe del grano, ancora verdi, mosse dal vento ondeggiano come un mare di smeraldo. Ci fermiamo per un bocadillo a Hontanas, un paesino che ricorda i film western di Sergio Leone. Dopo aver superato una ripida salita, il sentiero diventa pianeggiante e monotono. Incontriamo un gruppo di veloci ciclisti spagnoli ai quali ci uniamo per il resto della giornata. Entriamo nella regione di Palencia. A Carrion de los Condes l’albergue è presso il convento di suore dell’Espiritu Santu. La nottata è molto rumorosa. Un coro di “russatori”, con Graziano direttore, non ci fa chiudere occhio per tutta la notte nonostante i ripetuti tentativi di interrompere le loro performaces sonore. Alle prime luci dell’alba i “russatori” stranieri partono alla chetichella. Con i nostri “russatori” commentiamo scherzosamente le vicende della notte, scambiandoci consigli sulle strategie da adottare in futuro per salvaguardare l’integrità dei nostri apparati uditivi.

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4 giugno, da Carrion de los Condes a La Virgen del Camino
Finalmente una splendida giornata. Il percorso però è monotono e pianeggiante con le solite sterminate coltivazioni di grano. Lungo il percorso incontriamo un ciclista solitario proveniente dalla Germania che si accoda al gruppo. E’ un gran simpaticone. Il sentiero costeggia costantemente la carretera. Entriamo nella regione di Castilla y Leon. Ci fermiamo per il sello ad El Burgo Ranero. L’hospitalera, saputo che percorriamo il sentiero in bici, ci chiede di portare all’albergue di Mansilla de las Mulas una fotocamera digitale dimenticata il giorno precedente da alcune pellegrine brasiliane. Accettiamo l’incarico ben volentieri. Facciamo una breve sosta a Leon. La città e molto bella ma, come il solito, il tempo è tiranno. Dopo aver attraversato la città, ci fermiamo per il pernottamento nell’albergue a La Virgen del Camino. L’hospitalera è molto gentile e premurosa. Il rifugio è dotato di tutti i confort. Andiamo a letto alle 9 per recuperare il sonno perduto nella notte precedente.

5 giugno, da La Virgen del Camino a Villafranca del Bierzo
Riprendiamo a pedalare sul sentiero che fino ad Astorga è tutto un saliscendi. Visitiamo (troppo) velocemente la bella cattedrale ed il Palacio Episcopal, importante opera di Gaudì. Si riprende sul sentiero che sale attraverso pascoli e boscaglie. La salita che porta a Manjarin è resa più dura dal vento contrario. Arriviamo alla famosa Cruz de hierro costruita sopra un enorme cumulo di pietre portate dai pellegrini attraverso i secoli per aggiungere un granello ad un’opera collettiva. Saliamo ancora fino a raggiungere la quota di 1500 metri. Una discesa lunghissima e velocissima ci porta fino a Ponferrada. Proseguiamo fino a Villafranca del Bierzo. L’albergue, gestito da una coppia di brasiliani d’origini italiane, è molto spartano. Conosciamo una ragazza olandese che, stremata dal peso dello zaino e dai tanti giorni di cammino, ci chiede un passaggio in furgone fino a Sarria.

6 giugno, da Villafranca del Bierzo a Portomarin
E’ considerata la tappa più dura. Si sale fino ai 1300 metri di O’Cebreiro. Superiamo un gruppo di ciclisti di Vicenza con le bici cariche di borse. Ci consideriamo fortunati avendo il furgone al seguito che ci fa da sherpa. O’Cebreiro è un luogo mitico. E' un antico borgo rurale perfettamente ristrutturato con case in pietra e tetti di paglia. E’ la porta d’entrata in Galizia. Ci fermiamo ad ammirare il superbo panorama. Inizia la discesa, ma dopo alcuni chilometri la strada sale di nuovo per poi ridiscendere su strada molto ampia fino a Sarria. Alcuni episodi, di per sé insignificanti, ma ingigantiti dalla fatica, provocano un po’ di malumore nel gruppo. Ci pensa Franco a rimettere le cose a posto con le sue barzellette che arrivano sempre nel momento opportuno. L’albergue di Portomarin è enorme ma super attrezzato. L’ambiente è molto vivace ed accogliente. Ceniamo in ristorante tipico a base di pulpo alla gallega e paella, il tutto abbondantemente annaffiato da ottimi vini della Rioja.

7 giugno, da Portomarin a Santiago de Compostela
Percorriamo il sentiero sterrato. E’ il tratto più bello e suggestivo di tutto il Cammino. Il percorso si snoda attraverso boschi lussureggianti di lecci, querce ed eucalipti. E’ un susseguirsi di piccoli appezzamenti coltivati, di borghi rurali dove gli animali da cortile si muovono liberamente nelle aie, dove mucche e pecore pascolano all’interno di recinti delimitati da muri a secco. Superiamo ruscelli dalle acque limpide che attraversano il sentiero. Il paesaggio ci ricorda certi luoghi del Friuli di 40 anni fa. Il sentiero talvolta è molto stretto ed impervio e per superare i pellegrini camminanti che sono sempre più numerosi ci vuole più tempo. Cerchiamo di non disturbarli più del dovuto. Hanno la precedenza rispetto ai ciclisti e si capisce il motivo. Camminano da chissà quanti chilometri gravati da zaini pesantissimi. Alcuni, non sopportando più gli scarponi a causa delle vesciche, calzano dei sandali leggeri. Il sentiero però non si presta per questo tipo di calzatura perciò procedono con andatura lenta ed incerta. Dopo aver superata l’ultima asperità di Monte de Gozo, dalla cui sommità un tempo si scorgevano le guglie della Cattedrale, arriviamo a Santiago in Piazza Obradoiro alle 5 del pomeriggio. La cattedrale, dedicata all’apostolo Giacomo, è davanti a noi in tutto il suo splendore. La meta è finalmente raggiunta. Dopo aver ritirato la Compostela (documento che comprova l’avvenuto pellegrinaggio) presso l’apposito ufficio, ci sistemiamo nel Seminario Menor per trascorrervi due notti.

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8 giugno, una giornata a Santiago de Compostela
La domenica mattina è dedicata alla visita dei più importanti monumenti della città. A mezzogiorno, in cattedrale, assistiamo alla messa del pellegrino celebrata in latino. Alle 11 la chiesa è già stracolma di fedeli provenienti da ogni parte del mondo. Vicino a noi siedono gruppi d’australiani, coreani, americani, italiani (molti) e spagnoli (moltissimi). Una signora canadese per conquistarsi la prima fila è lì da due ore. Inizia la messa in un’atmosfera molto mistica. Dal pulpito, una suora dal sorriso accattivante, con voce melodiosa intona i canti che accompagnano la cerimonia religiosa ed invita tutti i presenti a cantare in unico coro. Tutti rispondono all’unisono, noi compresi. Bruno, esperto corista, afferma che un’emozione così non l’ha mai provata. Alla fine si celebra il rito del Botafumeiro, un enorme incensiere sospeso alla cupola della cattedrale per mezzo di una grossa fune di canapa. Manovrato da otto persone in toga, l’incensiere è fatto oscillare come un’imponente altalena, facendogli descrivere ampie parabole sopra il transetto. Le oscillazioni sono accompagnate dalla musica solenne di un organo a canne. Così anche chi non è credente non può resistere alla commozione. Il Botafumeiro, che nell’antichità serviva anche per mitigare gli odori non sempre fragranti dei pellegrini, rappresenta l’arrivo alla meta e pochi riescono a trattenere le lacrime. Alla fine un lungo applauso liberatorio ci riporta alla realtà. Il pomeriggio e la serata trascorrono in grand’allegria. Ci concediamo tutte le prelibatezze spagnole senza risparmiarci. Girovagando da un locale all’altro della città incontriamo la giovane coppia inglese, il solitario ciclista tedesco, il gruppo dei vicentini, la ragazza olandese, i veloci ciclisti spagnoli. Ci salutiamo come vecchi amici e trascorriamo con loro momenti indimenticabili. Alla fine della giornata, carichi di cerveza, tapas, paella, vino tinto (tanto), pescado, sangria e tortillas ci ritirano in camerata per un lungo sonno ristoratore.

9 giugno, da Santiago de Compostela a Finisterre.
Restano da percorrere ancora 100 chilometri di salite interminabili e discese a rompicollo per raggiungere l’Oceano Atlantico. Lì termina il Cammino dopo aver pedalato per 950 km (di cui il 70% su sterrato) e superato 11.000 metri di dislivello. Nel rispetto della tradizione bruciamo alcuni vestiti e ci bagniamo i piedi nell’Oceano. Sulla spiaggia sabbiosa raccogliamo le conchas (capesante), come facevano i pellegrini d’un tempo, a ricordo del Cammino. Pernottiamo in un hotel perché l’unico albergue è stracolmo.

10 giugno, partenza per Udine
Dopo aver caricato le bici sul furgone, partiamo per il viaggio di ritorno attraverso le regioni del nord. Dopo aver fatto una sosta nella città di La Coruña, arriviamo nella serata a San Sebastian, nei Paesi Baschi. Tre gentili poliziotti ci aiutano a trovare una sistemazione per la notte, accompagnandoci attraverso un labirinto di stradine tra verdi colline, fino ad una sperduta ma incantevole casa rural. La mattina successiva, svegliati dai campanacci delle mucche al pascolo e dal canto dei galli, partiamo alla volta di Udine, dove arriviamo nella tarda mattinata del 12 giugno. Come sempre accade al ritorno da un lungo viaggio, in tutti c’è un sentimento di gioia per averlo portato a termine senza incidenti, ma anche di rimpianto per i giorni trascorsi così velocemente. Siamo tornati molto più amici di quanto lo eravamo prima di partire. Qualcuno sta già pensando di ripetere il Cammino, forse anche a piedi. Altri, con questo viaggio, hanno realizzato il sogno della vita. In tutti rimarrà per sempre il bellissimo ricordo di un’avventura unica.
Al DLF di Udine che ci ha messo a disposizione il mezzo di trasporto, va il nostro sentito ringraziamento.
Nevio Ceschia